giovedì 3 giugno 2010

Cosa direbbe Hikmet

Torno qui dopo più di un paio di mesi in cui non ho avuto abbastanza energia per seguire anche questo blog.
Ho in parte cambiato lavoro, lasciando un posto dove ero da 7 anni e dove lavoravo come volontario da 16, e ho ripreso a tempo pieno la mia attività originaria.
Questo giugno in veste semi estiva fatica un po' a decollare, anche quest'anno, il caldo si è affacciato ma ancora non ha preso possesso della terra. Le albicocche maturano, lentamente ma maturano, le ciliegie anche, un po' più rapidamente, almeno qui da me.

Nei giorni scorsi, accanto alle pseudonotizie siparietto dei nostri teatranti politici, la tragedia di una concreta missione di pace, nel mare che è la nostra patria comune,  finita molto male.
La Turchia, paese variamente dibattuto in ambito europeo e in generale occidentale, ci ha comunque regalato, in questo difficile frangente, un'energia e una determinazione che ho trovato importanti, nel momento in cui da varie parti e sotto varie forme la prepotenza sembra essere la cifra fondamentale dell'essere uomini in questo ventunesimo secolo. Ringrazio la Turchia, in questa occasione.
La ringrazio tanto più oggi, anniversario della morte di Nazim Hikmet, un uomo e un poeta turco (profondamente legato al suo paese) che ci ha regalato tante cose bellissime come le parole che riporto qui sotto.

Anch'io sono profondamente triste in questi giorni per quello che è successo. Chissà cosa direbbe Hikmet.
Spero solo che ci aiuti a risvegliarci da un certo torpore, più forse di una sfilata ai Fori Imperiali.
Buon giugno.


COME UNA CAMICIA DI CANAPA

Lavata su una tolda ventosa
    con acqua di mare
    e spazzola di ferro
    come una camicia di canapa
        porto sulle mie spalle la tristezza.

E in questo villaggio del sud il sole senza tregua
    matura e s'arrossa
        sopra le ragazze e le albicocche.

Nazim Hikmet
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